Il suo aspetto più classico, che deriva dal mito primordiale della Grande Madre mediterranea e che è stato definitivamente specificato a cavallo tra il XVI e il XVII secolo da Cesare Ripa, vuole trasmettere simbolicamente la regalità e la nobiltà delle città italiane (grazie alla presenza della corona turrita), l'abbondanza dei raccolti agricoli della penisola italiana (rappresentata dalla cornucopia) e il fulgido destino dell'Italia (simboleggiato dalla Stella d'Italia)[2]. Gli studiosi hanno lungamente dibattuto sull'ipotesi che il simbolismo delle monete raffiguranti la personificazione di "Italia" fosse collegato alla sola Corfinium, oppure se il significato fosse ben più ampio andando oltre i confini locali della città e legandosi all'intera Lega italica, prefigurando in questo modo un'ipotetica comunanza di cultura indipendente da Roma, da cui sarebbe derivata una presa di coscienza nazionale italiana ante litteram[21]. Premii questi non son, ben son catene,quel cauto ucellator, che di poc’escamostra far suole à quegli augei, che invesca. Sono anche presenti la personificazione allegorica della Repubblica Italiana napoleonica, che è liberata dalle sue catene da Napoleone e che mostra, per questo motivo, gratitudine al suo liberatore, e la personificazione della Vittoria che ne sottolinea il trionfo[101]. Perlomeno inizialmente al suo culto parteciparono solo gli aristocratici, con la plebe che continuò a venerare, come Magna Mater, la dea locale Cerere, conservando in questo modo il culto delle divinità tradizionali della religione romana[30]. […] Per l'Italia si pugna, vincete!Il suo fato sui brandi vi sta.O risorta per voi la vedremoAl convito de' popoli assisa,O più serva, più vil, più derisa,Sotto l'orrida verga starà. Donna Italia. Util consiglioAll'età sventurata, in cui sul buonoL'impudente cervice alza il perverso.Ferma in que' segni di riscatto il ciglio,Cara angelica donna; essi ti sonoUn rifiuto al dolor dell'universo». Nel primo periodo medievale la personificazione dell'Italia in una donna turrita scomparve quasi completamente dall'immaginario collettivo, limitandosi a comparire raramente senza però avere quei tratti distintivi, come la cinta muraria o la cornucopia, che tanto l'avevano caratterizzata in epoca romana[1]. L'Iconologia ebbe grande successo, tanto che nei secoli successivi fu presa come riferimento per l'iconografia e la soggettistica dell'arte sacra e profana[80]. […] [Il sogno dell'Italia è quello di vedere] scacciataDal mio terreno questa turba immonda,Acciò si faccia col suo buon volereUn ben unito ovile, e un sol pastore […]». La personificazione allegorica dell'Italia come donna sofferente torna sulle scene letterarie e artistiche a partire dal 1494, con la prima discesa di uno degli eserciti che parteciperà, nel secolo successivo, alle cosiddette "guerre d'Italia", le truppe del re di Francia Carlo VIII, calato nella penisola italiana per rivendicare il trono del regno di Napoli[57]. L'allegoria del progresso scientifico è invece resa da un putto che osserva il cielo con un cannocchiale[93]. «[…] mendica, et infelice,Però che fatta son publico albergoDe' barbari crudeli empij e malvagi,Li quali per sfogar l'animo iniquoCh'ebbero contra al mio valor immensoM'han posta in servitù, noiosa e grave:La cui puzza, et i cui brutti costumiMi dan la morte mille volte al giorno. Sui denarii romani era infatti spesso rappresentata la dea Roma, che era la divinità che personificava lo Stato romano[19]. E tutte le mie care figlie: se mai fosse scritto che dal barbaro arse e distrutte essere doveste, possano almeno i posteri dire – Qui furono città gloriose e grandi, che seppero tutto soffrire, tutto perdere fuorché l'onore e la gloria di loro famiglia.Li 2 Agosto 1848.». L'immagine legata alla dea Cibele, una pietra nera conservata a Pessinunte, venne trasportata nel 204 a.C. via nave a Roma e collocata temporaneamente all'interno del tempio della Vittoria in attesa che venisse innalzato un edificio sacro specificatamente intitolato alla dea[29]. Gli oggetti che fanno da contorno simboleggiano le arti: le maschere rappresentano il teatro, le Grazie la scultura, il tempio l'architettura, il cigno e la lira la poesia e la musica, mentre Cerere che ripara dal Sole la testa della personificazione della Grecia con alcune spighe mostra il fatto che per ottenere prosperità nelle arti occorre avere ricchezza economica[92]. […] Rè Ferrando [che] tre terre mi viene usurpando,cioè Goritia, Gradisca & Triesteche già S. Marco haveva a suo commando. Questa dea indossa una tunica e porta sul capo una corona di fiori e frutta[26]. Gli attributi di questa personificazione derivano da quelli di Cesare Ripa[108]. Dopo la proclamazione della Repubblica, che vide l'Italia turrita protagonista, l'iconografia della rappresentazione allegorica del Paese tornò ad apparizioni sporadiche; comparve su francobolli (tra cui la serie detta "Siracusana"), monete, valori bollati, vignette e, in ambito musicale, nel celebre brano musicale Viva l'Italia di Francesco De Gregori[139]. Una creatura mitologica si agita sullo sfondo del vulcano turchino solcato da droni, quasi un Idra di plastica dei tempi nostri. Su un'acquaforte di Francesco Rosaspina del 1796 realizzata su disegno di Felice Boscaratti, che è conservata a Milano nella Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli e che ha titolo La Repubblica francese spoglia l'Italia, la Stella d'Italia che brilla sopra la personificazione allegorica della penisola, qui rappresentata con corona turrita e con abiti eleganti, non protegge l'Italia dalla prepotenza e dall'avidità della Francia, raffigurata in questo dipinto come una giovane donna nuda dallo sguardo freddo[99]. Rodolfo Campeggi nella sua opera Italia consolata. Ottone II è raffigurato seduto sul trono in posa austera e solenne; intorno a lui sono presenti quattro donne coronate, che rappresentano le quattro provincie, vestite allo stesso modo, con una sottoveste azzurra e un mantello bianco, e con una scelta dei colori, da parte dell'artista, finalizzata a rendere le quattro figure di secondo piano rispetto a quella dell'imperatore[39]. All'inizio dell'epoca napoleonica la personificazione dell'Italia, che perde tutti gli attributi specifici legati alla sua storia, è modellata sull'iconografia della dea Minerva, iconografia che è già utilizzata per la personificazione della Francia rivoluzionaria[95]. Il portale di RAI Cultura dedicato all'arte e al design, alle mostre, opere e artisti nel panorama nazionale ed internazionale. L'iconografia dell'Italia turrita tornò prepotentemente sulla scena nazionale durante la Guerra civile italiana, dato che venne utilizzata sia dalla Resistenza partigiana che dalla Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini[36]. L'allegoria dell'Italia è inoltre presente nei cartigli di numerose mappe antiche[15]. […]». In seguito l'Italia sarà teatro di guerre che coinvolgeranno anche il regno di Castiglia, il regno d'Aragona e il Sacro Romano Impero[57]. I suoi sacerdoti, a cui non viene riconosciuto tale ruolo, bensì quello di famuli, ovvero servitori della dea, erano tutti originari della Frigia[30]. Questa personificazione dell'Italia non è però associata all'intera penisola, bensì solo alla sua porzione settentrionale, che stava vivendo fasi politiche convulse che necessitavano, a detta di molti, di un pacificatore[1]. Il 4 aprile del 191 a.C. (anniversario dell'arrivo a Roma della pietra nera) venne inaugurato un tempo a lei dedicato e furono istituite le Megalesia, festività che venivano celebrate tra il 4 e il 10 aprile e che prevedevano l'organizzazioni di giochi scenici e ludici[30]. Anch'essa è conservata all'interno della basilica di Santa Croce a Firenze[110]. La diffusione del mito di Roma iniziò a pervadere la penisola italiana a partire dalla seconda parte del XIX secolo: è infatti di questo periodo la nascita del mito della "Terza Roma", ovvero di un terzo periodo in cui Roma avrebbe potuto acquisire uno splendore paragonabile all'antica Roma e alla Roma dei papi, questa volta legato all'Italia unita, di cui sarebbe dovuta diventare capitale[129]. […]». Celebre rappresentazione della personificazione allegorica dell'Italia avente anche connotati politici è la scultura realizzata da Antonio Canova tra il 1805 e il 1810 per il Monumento funerario a Vittorio Alfieri, che si trova all'interno della basilica di Santa Croce a Firenze e che fu poi presa come esempio da molti artisti[108]. Ha quattro creste dorsali bianche a tre punte disposte tra i segmenti, ma le prime due stanno rispettivamente sul primo e sul secondo segmento. Le Filippiche di Tassoni continuano con una reprimenda nei confronti di coloro che appoggiano il governo spagnolo[68]: «[…] superbo e rio, armi, ridendo, onde mi squarci il seno […]», «[…] se pietà di zelo o di valore, l'armi vostre non move a fieri sdegni, vi mova i danni miei, che son ben degni, ch'in voi si desti ormai dramma d'amore […]». Ciò fece nascere una nuova idea di personificazione allegorica dell'Italia: da semplice simbolo geografico della penisola italiana, divenne gradualmente anche metafora di unità politica[89]. Queste critiche vennero poi stemperate da Napoleone grazie alla propaganda svolta dal suo governo[99]. In una celebre didascalia degli affreschi del Campidoglio, la personificazione allegorica della Fede cristiana pregava con queste parole[51]: «O summo patre, duca e signor mio, se Roma père dove starraio io? Hefesto utiliza o fogo da fragua como uma força criativa, ainda que a seu equivalente romano Vulcano se lhe temia por seu potencial destrutivo e se associava com a energia vulcânica da terra. […] [Italia è la] degna nutrice de le chiare genti [ed è colei] che tanti secoli già stesesì lungi il braccio del felice impero donna delle provincie, e di quel verovalor, che 'n cima d'alta gloria ascese [ma che ora] giace vil serva. Unâaltra figura femminile intona un canto tradizionale al ritmo di una tammurriata. Si chiamò etiandio Oenotria, ò dalla bontà del vino, che vi nasce, ò da Oenotrio, che fu Rè de' Sabini. Quale regione coltivata a vite può dirsi superiore al territorio di Tirrenia, a quello messapico e albano, che sono mirabilmente atti alla viticoltura e con il minimo di cure da parte dell'uomo producono le migliori uve delle più numerose varietà? In questa sono monti, colli, prati, campagne, laghi, fiumi, fonti, boschi, selve, che si somiglia un bellissimo giardino, nascendo in un medesimo campo grano, vino, oglio, con altri frutti senza impedirsi insieme, che pare quasi una maraviglia; la perfettione dell'aria si conosce da questa che in tute due le parti estreme di essa produce vino, oglio, cedri, et altri simili frutti nobili né vi mancano miniere d'ogni sorte de metalli». Ai lati della dea sono presenti due fanciulle sedute, rispettivamente, su due animali, un drago marino e un cigno ad ali spiegate: sono le cosiddette Aurae velificantes[26]. Le caratteristiche di queste personificazioni dell'Italia giungono pressoché intatte al 1559, alla pace di Cateau-Cambrésis, accordo che pose definitivamente fine alle guerre d'Italia riconoscendo la vittoria a Filippo II d'Asburgo, che ottenne il controllo del Ducato di Milano, del regno di Napoli e del regno di Sicilia[57]. Pellippari auspica anche un intervento militare in coalizione contro i turchi ("barbari crudeli empij e malvagi")[62]. La pietra approdò a Terracina accolta da matrone romane, dalle vestali e dal cittadino romano prescelto, Publio Cornelio Scipione Nasica[29]. Qui viene rimarcata l'importanza che aveva Roma nella cultura italiana trecentesca[46]. La rappresentazione allegorica con le torri, che trae le sue origini dall'antica Roma, è tipica dell'araldica civica italiana, tant'è che la corona muraria è anche il simbolo delle città d'Italia. Sullo scorta del suo utilizzo da parte dei partigiani, l'iconografia della personificazione allegorica dell'Italia venne ripresa nel secondo dopoguerra non senza polemiche, vista il suo significato universale e unificante che sarebbe dovuto essere comune a tutti gli italiani e non solo a una parte di loro: nel 1946 i sostenitori della repubblica scelsero infatti l'effigie dell'Italia turrita quale loro simbolo da utilizzare nella campagna elettorale e sulla scheda del referendum sulla forma istituzionale dello Stato, in contrapposizione allo stemma sabaudo, che rappresentava invece la monarchia[134][135].
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